Comprendere con empatia chi ci ha offeso da una prospettiva etica e psico-spirituale (1/2)
Boies / 11 Novembre 2022

Osservare questa icona del giubileo della misericordia (2015-16), nella quale lo sguardo di Gesù si confonde con quello della persona ferita, ci aiuta a capire come la comprensione empatica della sofferenza dell’altro favorisce l’adozione di atteggiamenti compassionevoli e misericordiosi: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati» (Lc 6,37). Per poter integrare questo insegnamento etico di Gesù nel quotidiano dei nostri giudizi morali, può essere utile accogliere l’approccio terapeutico psico-spirituale del perdono proposto dal sacerdote e psicologo canadese Jean Monbourquette. A partire dalle tredici tappe del suo modello[1], la settima si rivela pertinente per aiutarci a vivere un perdono empatico verso chi ci ha offeso[2]. Infatti, questa tappa consiste nell’adottare uno sguardo empatico verso il proprio offensore, per riuscire a capire meglio il “perché” del gesto offensivo. Quindi, per essere empatico con l’offensore, la persona ferita ha bisogno: a livello cognitivo, di assumere la prospettiva dell’offensore, cioè “mettersi nei suoi panni”; ed a livello affettivo, di sentire le emozioni dell’offensore. Pertanto, suggerisce quattro atteggiamenti etici che possono illuminare il nostro giudizio morale. 1) Comprendere con empatia l’offensore implica cessare di biasimarlo, per poter identificare l’aspetto della mia dinamica psicologica e personale che…

Rinascere sotto il segno dell’autenticità: vita, custodia, prossimità
Sacco / 25 Febbraio 2022

Febbraio è stato un mese caratterizzato da eventi che scuotono la riflessione e il cuore del teologo morale. «Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen 2,15). La CEI trae spunto da questa citazione del primo libro della Bibbia per stilare il messaggio per la 44a Gionata per la Vita: Custodire ogni vita”[1]. Papa Francesco, invece, trae spunto dall’esortazione lucana: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36) per redigere il messaggio in occasione della XXX giornata dell’ammalato ed esortare a porsi accanto a chi soffre in cammino di carità[2]. Mentre «La forza della cura. Donne, economia e tratta di persone», è il tema dell’8a Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, che si celebra l’8 febbraio, memoria liturgica di Santa Giuseppina Bakhita. Affidato alla custodia dell’uomo Questi eventi fanno riflettere sulla preziosità di ogni vita, la sua fragilità, la necessità di essere solidali per fronteggiare le difficoltà. Nel progetto originario di Dio alla custodia dell’uomo è affidato sia il suo simile ,sia il resto del creato. Nel contesto dell’emergenza pandemica che viviamo a livello planetario da due anni ormai, riflettere su questi eventi…

Il paradosso della sofferenza
Witaszek / 30 Aprile 2021

Questa situazione di pandemia è diventata ormai una realtà concreta per tutti noi, che ci ritroviamo fragili e talvolta disorientati. In questi giorni, l’uomo ha più che mai bisogno dei valori fondanti della nostra religione: fedeltà a Dio, amore per i fratelli, altruismo, impegno per il bene comune, solidarietà con i più bisognosi, misericordia per tutti. Il virus ci ha colti alla sprovvista, ci ha confinati all’interno delle nostre case, ma ci ha fatto anche comprendere, anzi direi toccare con mano, che siamo tutti parte dell’unica famiglia umana. Questo messaggio conserva in pieno la sua validità non soltanto per i credenti, bensì per tutti gli uomini di buona volontà. Oggi siamo tutti chiamati a remare insieme, a confortarci e a sostenerci vicendevolmente. Anche il mondo sapienziale biblico, rappresentato dal libro di Giobbe, si interrogava sul significato della sofferenza dell’uomo chiamato Giobbe. Tutti noi ci sentiamo un po’ come Giobbe, soprattutto in questo tempo di pandemia. Il libro di Giobbe è una riflessione sul mistero della sofferenza che colpisce l’innocente. Ivi la risposta degli amici di Giobbe, che vorrebbero consolarlo spingendolo a riconoscere una colpa in realtà inesistente, non regge. Giobbe non ottiene spiegazione alcuna sul mistero del dolore, sul perché…

L’esperienza della sofferenza
Witaszek / 5 Marzo 2021

Ciò che sta accadendo ai nostri giorni, mi riferisco alla pandemia del Covid-19, ci porta a ridare maggiore spazio a un aspetto della ricerca teologica biblica che in realtà non è mai venuto meno, ma che oggi forse viviamo con una consapevolezza rinnovata, soprattutto per le condizioni in cui ci troviamo. Nei momenti più bui della storia, nelle guerre, nelle carestie, nelle epidemie come in tutte le altre tribolazioni, l’uomo rivela la sua vera natura, di figlio della luce o di figlio delle tenebre, che gli consente di accettare il senso del suo limite con piena fiducia anzi con intrepido coraggio invece con rabbiosa disperazione. Chi accetta di vivere l’avventura umana nella fede dei figli di Dio lo avrà sempre al suo fianco. La Bibbia non è un trattato di filosofia e nemmeno di teologia, nel senso che normalmente attribuiamo a queste discipline. La Bibbia ci presenta un’esperienza in cui l’uomo ha quasi sempre un nome, si chiama Abramo, Giacobbe, Mosè, Giobbe, l’intero popolo d’Israele: uomini veri, concreti, visti e seguiti nelle loro vicende, nelle loro esperienze di vita. Quando l’autore biblico si pone degli interrogativi, alla maniera dei filosofi, e si chiede per esempio perché esiste la sofferenza nel…

Le domande di Dio …
Witaszek / 12 Giugno 2020

  Noi siamo soliti porre a Dio delle domande e desideriamo che egli ci risponda con precisione e chiarezza. Oggi è lui che, attraverso gli avvenimenti, ci interroga in modo rigoroso, anzi drammatico. Quelle di Dio sono domande che ci raggiungono in modo immediato, diretto, attraverso la netta percezione del pericolo che ci sovrasta e la paura che sottilmente si insinua dentro di noi e può sfociare nell’ansia, addirittura nel panico, nelle persone fragili, in un’altalena di sentimenti e di emozioni a cui è difficile dare voce. È la paura di ammalarci e di non trovare aiuto, di venir confinati in una terapia intensiva dove la morte orrida è sempre in agguato. Proprio perché siamo cresciuti in una società che ha ostracizzato la sofferenza e la morte, ci troviamo ora smarriti, inermi di fronte alla nostra fragilità, soli e con un doloroso senso di impotenza, protagonisti involontari di un dramma che non avremmo mai voluto interpretare. La tracotante baldanza della propria invincibilità e la fiducia illimitata nel potere della scienza si sono dissolti come neve al sole; il senso di caducità della nostra esistenza ha ripreso il sopravvento. Ed il senso di impotenza rischia di sfociare ora in rabbia ora…