Comprendere con empatia chi ci ha offeso alla luce delle neuroscienze (2/2)
Boies / 16 Dicembre 2022

Quest’icona del giubileo della misericordia (2015-16) ci aiuta a sentire meglio l’empatia di Gesù verso di noi, attraverso il suo sguardo che si confonde con quello dell’uomo ferito. In tal senso, il modello psico-spirituale di Monbourquette, presentato nel nostro ultimo post del 11 novembre 2022, evidenzia come l’empatia può facilitare il perdono, permettendo alla persona ferita di cogliere la prospettiva e le emozioni dell’offensore[1], per poi, con la grazia di Dio, adottare atteggiamenti di compassione e di misericordia sull’esempio di Gesù. Pertanto, comprendere empaticamente chi ci ha offeso può anche aiutarci a vivere questo passaggio esigente del vangelo di Luca dove Gesù dice: «Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. […] E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. […] Perdonate e sarete perdonati» (Lc 6,27-28.37). L’invito di Gesù ad adottare un atteggiamento caritatevole, spirituale, empatico e misericordioso nei confronti dei nemici, può anche, a livello neurologico, aiutarci a superare l’offesa, le emozioni negative e, pertanto, contribuire alla guarigione delle nostre ferite. Studi scientifici, come quello nell’università di Pisa[2], rivelano, secondo il neuroscienziato Pietro Pietrini, che…

Comprendere con empatia chi ci ha offeso da una prospettiva etica e psico-spirituale (1/2)
Boies / 11 Novembre 2022

Osservare questa icona del giubileo della misericordia (2015-16), nella quale lo sguardo di Gesù si confonde con quello della persona ferita, ci aiuta a capire come la comprensione empatica della sofferenza dell’altro favorisce l’adozione di atteggiamenti compassionevoli e misericordiosi: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati» (Lc 6,37). Per poter integrare questo insegnamento etico di Gesù nel quotidiano dei nostri giudizi morali, può essere utile accogliere l’approccio terapeutico psico-spirituale del perdono proposto dal sacerdote e psicologo canadese Jean Monbourquette. A partire dalle tredici tappe del suo modello[1], la settima si rivela pertinente per aiutarci a vivere un perdono empatico verso chi ci ha offeso[2]. Infatti, questa tappa consiste nell’adottare uno sguardo empatico verso il proprio offensore, per riuscire a capire meglio il “perché” del gesto offensivo. Quindi, per essere empatico con l’offensore, la persona ferita ha bisogno: a livello cognitivo, di assumere la prospettiva dell’offensore, cioè “mettersi nei suoi panni”; ed a livello affettivo, di sentire le emozioni dell’offensore. Pertanto, suggerisce quattro atteggiamenti etici che possono illuminare il nostro giudizio morale. 1) Comprendere con empatia l’offensore implica cessare di biasimarlo, per poter identificare l’aspetto della mia dinamica psicologica e personale che…

L’empatia alla scuola di Santa Edith Stein (2/2)
Boies / 21 Aprile 2022

L’empatia come fonte di crescita relazionale, personale e spirituale Nella nostra ultima riflessione, abbiamo compreso che per Edith Stein, l’atto empatico si riferisce alla percezione soggettiva e interiore davanti all’esperienza altrui. Infatti, dal punto di vista fenomenologico, la Stein insiste nel dire che l’empatia è una conoscenza interiore di quello che sta vivendo l’altro, e non una simpatia emozionale che fa provare quello che l’altro sente[1]. Pertanto, è sempre necessario guardare un certo distacco per non confondere la nostra esperienza con l’esperienza dell’altro. Questa comprensione empatica della prospettiva dell’altro favorisce un arricchimento personale in merito alla percezione di se stessi e a quella del mondo interiore dell’altro[2]. Infatti, secondo Ottone, «l’esperienza dell’altro produce ogni volta una modificazione di sé e della propria identità»[3]. In questo senso, Edith racconta due eventi significativi della sua vita per dimostrare come l’empatia sia stata per lei un’occasione di crescita relazionale, personale e spirituale. L’empatia dei suoi compagni d’università, che le hanno mostrato e sottolineato le sue capacità intellettuali eccezionali[4], l’ha aiutata ad avere maggiore consapevolezza del suo potenziale e decidere poi di proseguire i suoi studi dottorali. Lo sguardo empatico dei suoi colleghi e il loro riconoscimento le ha dunque permesso di vivere una…

L’empatia alla scuola di Santa Edith Stein (1/2)
Boies / 24 Marzo 2022

La santa carmelitana tedesca di origine ebraica, Edith Stein, suora Teresa Benedetta della Croce, filosofa, mistica, martire e compatrona d’Europa, è morta il 9 agosto 1942 nel campo di concentramento di Auschwitz all’età di 51 anni. Il suo contributo è notevole nella comprensione filosofica, psicologica e spirituale dell’empatia. Pertanto, dedicheremo le nostre due prossime riflessioni ad approfondire come la sua visione empatica possa illuminare il nostro giudizio morale ai livelli relazionale e spirituale. L’empatia come fenomeno dell’esperienza altrui Il termine “empatia” è stato creato nel 1872 a partire dalla parola tedesca Einfühlung che significa “sentire dentro di sé”. Sotto la direzione di Edmund Husserl, Edith Stein, nella sua tesi dottorale intitolata Il problema dell’empatia (1915)[1], ha approfondito questo tema nella prospettiva «della fenomenologia della percezione»[2]. Secondo la Stein, la pertinenza di questo approccio risiede nella possibilità di «penetrare nella loro essenza»[3] i fenomeni della realtà, a partire dalla loro percezione (sensoriale e intellettuale), e quindi dalla loro manifestazione alla coscienza umana[4]. In altre parole, «si tratta di comprendere e conoscere la realtà che ci circonda in tutti i suoi “fenomeni”»[5]. Alla luce dei suoi studi, Stein definisce l’empatia come «quegli atti interiori fondamentali che permettono a una persona di percepire…

L’empatia compassionevole del buon Samaritano
Boies / 4 Febbraio 2022

Gesù è un maestro autentico e ricco d’empatia e di compassione, sia nei suoi atteggiamenti che nei suoi insegnamenti (cf. Gesù modello d’empatia integrale). In questo senso, la parabola del buon Samaritano (Lc 10,33-37) dimostra come le nozioni di empatia e di compassione siano al cuore del messaggio evangelico di Gesù. Vediamo quindi come queste due attitudini debbano ispirare e influire il giudizio morale e la condotta etica del discepolo di Cristo nelle sue relazioni interpersonali. L’atteggiamento del buon Samaritano è caratterizzato da una percezione morale autenticamente empatica rispetto alla situazione dell’uomo ferito: «Un Samaritano […] passandogli accanto, lo vide e ne ebbe compassione» (v. 33). Il senso esegetico di questo versetto significa che alla vista dell’uomo gravemente ferito, il buon Samaritano è commosso fino alle viscere; è colto da una compassione viscerale. In altri termini, la scena lo commuove profondamente scatenando in lui una intensa reazione emozionale empatica, così come una reazione compassionevole per aiutare il misero. Pertanto, la capacità del Samaritano di “mettersi nei panni dell’uomo ferito” e di essere sensibile alla sua sofferenza, apre il giudizio morale della sua coscienza all’empatia compassionevole. Infatti, la compassione spinge il buon Samaritano a prestare soccorso all’uomo ferito attraverso atti concreti:…