Sull’ingiustizia della guerra

Fonte_pasqualepugliese_wordpress_com(Bansky)

Abbiamo chiesto ad alcuni noti teologi moralisti di varia provenienza, accomunati dall’amicizia con l’Accademia Alfonsiana, di scrivere per il nostro Blog un commento al testo di papa Francesco, Fratelli tutti, nn. 256-262, riguardante il tema di grande attualità: L’ingiustizia della guerra. Ecco il quarto contributo della serie.

Non sarebbero passati neppure due anni e le profetiche parole di papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti (FT) si sarebbero tragicamente avverate. La guerra in Ucraina è solo la più recente e la più devastante realtà di conflitto con cui il mondo ha a che fare oggi. Essa genera uno scenario preoccupante per le regioni e i popoli direttamente implicati, ma in realtà essa comporta uno squilibrio per il quale la vita dell’intera umanità e di tutto il pianeta è sotto minaccia.

Pensando a tali dimensioni, più o meno presenti in ogni guerra, ma soprattutto nei conflitti armati dei nostri giorni, già il titolo del paragrafo che FT dedica al tema della guerra (nn. 256-262) rappresenta un messaggio forte e pone quest’ultima sotto il segno di un sostantivo inquietante: l’ingiustizia!

Nella riflessione etica del passato eravamo già abituati a declinare la realtà della guerra, distinguendola tra giusta o ingiusta. Si trattava, cioè, di una aggettivazione che qualificava moralmente la guerra sotto il segno negativo o, a determinate condizioni, riusciva a giustificarla. Con FT si passa dall’aggettivo al sostantivo e si riduce in modo radicale il ventaglio delle possibilità di poterla tollerare.

In questo cambio di passo non sono sole le parole ad avere il loro effetto. È soprattutto il richiamo alla consapevolezza che mai la guerra può essere soluzione ai problemi, essendo essa stessa fonte di conflitti ancora più gravi e di ingiustizie ancora più insanabili. Questo richiamo è rivolto a diversa intensità e tenuta a tutti. Evidentemente le sfere di responsabilità vanno differenziate a seconda del grado di competenza e di autorità, di funzioni politiche, sociali, amministrative o militari. Ma la coscienza di ingiustizia della guerra domanda anche a chi non vi è direttamente e attivamente coinvolto, di esplorare in maniera efficace le condizioni di superamento di essa. La guerra, come «minaccia costante» (FT, n. 256) al bene comune mondiale, diffonde una coltre oscura sul destino della vita e del suo futuro. Essa spegne le risorse di speranza che la convivenza rappacificata tra popoli e l’attesa di giustizia per tutti siano ancora possibili.

Il cap. VII di FT ci fornisce la cornice ideale per capire l’ingiustizia della guerra. L’articolazione dei «percorsi per un nuovo incontro» alimenta il sogno di quella fraternità universale che invece la guerra brutalmente distrugge. In questo senso essa è un atto di ingiustizia nei confronti dell’aspirazione umana a vivere in pace. La guerra divora il tessuto di questo stare al mondo da uomini, desiderosi ed operosi di pace. Essa è un contro-disegno di umanità, che trascina nel baratro della distruzione anche la terra e i suoi beni, degrada l’universo e logora le sue risorse.

Le vie di uscita dall’ingiustizia della guerra sono faticose e richiamano a capovolgimenti di condotte individuali e di pratiche politiche. In questo senso esse possono generare nuova umanità. FT indica la strada dell’empatia, quando dice «prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. Domandiamo alle vittime. Prestiamo attenzione ai profughi» (n. 261). Tenere gli occhi aperti sul dolore degli altri porta fuori dall’ingiustizia abissale della guerra, perché ne assume le conseguenze e determina la volontà di mai più ricorrere ad essa.

E poi c’è la via dei negoziati, espressione di una attitudine a «pensare e generare un mondo aperto» (FT, n. 87), di cui «la migliore politica» (FT, n. 154) deve sapersi fare carico.

Antonio Autiero
Professore emerito dell’Università di Münster

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