La sfida del sovranismo

La sfida del sovranismo

Quasi sul finire della seconda guerra mondiale prendeva forma l’idea di creare un organismo soprannazionale che potesse ergersi a garante della democrazia, della libertà dei popoli, e far da scudiero per la pace nel mondo, intervenendo nelle situazioni di conflitto, in dispute internazionali e farsi carico di aiuti concreti alle nazioni sofferenti.

Il progetto era ardito perché già alla fine della grande guerra (1914-1918) si era pensato di creare un organismo del genere che si rivelò inefficace al momento del nascere dei nazionalismi fascisti e di fronte all’invasione della Polonia da parte dei nazisti. Nel 1945 nasceva l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), avente come scopo la salvaguardia della pace, la cooperazione tra i popoli a livello economico, sociale e culturale, il rispetto del diritto internazionale e il suo sviluppo.

Questa struttura ha fatto da argine ai nazionalismi. Con la caduta dell’impero sovietico e la fine del bipolarismo politico, con l’apparente vittoria della logica del libero mercato e il nascere della globalizzazione, ad alcuni teorici è sembrato che la democrazia fosse così adulta da non aver bisogno di questo “vigile soprannazionale”.

Il nascere di ingiustizie sociali causate e alimentate dalla globalizzazione selvaggia – tanto da indurre i teorici del liberalismo economico a ipotizzare uno Stato economico soprannazionale governato dalla logica del guadagno –, insieme alla crisi globale del 2008, hanno concorso a far riesplodere il sentimento del sovranismo e del nazionalismo.

Oggi gli uomini politici, sia di destra che di sinistra, parlano del sovranismo ma intendo due cose diverse: i politici di destra parlano di salvaguardia dei confini e di decisioni nazionali superiori a quelle internazionali, scagliandosi contro i migranti o il diverso; i politici di sinistra usano il concetto di sovranismo come barriera ideologica da anteporre al liberalismo economico visto come capitalismo globale. Sia i politici di destra come quelli di sinistra sono però a favore del protezionismo economico.

In sintesi i movimenti sovranisti vogliono i governi nazionali liberi da vincoli esterni (trattati internazionali…) in modo che lo Stato possa esercitare il suo potere senza rispondere ad alcuna autorità superiore. I sovranisti parlano di democrazia diretta affidando al popolo ogni decisione a cui si arriva attraverso la maggioranza numerica. Questo apre al problema della democrazia maggioritaria che non cerca accordi, dove la maggioranza porta avanti le sue decisioni imponendole contro chi non le condivide e contro le minoranze. In questo contesto le decisioni locali sono superiori a quelle internazionali in barba al diritto internazionale.

A livello morale c’è in gioco la nozione stessa di bene comune, come ha ricordato papa Francesco nell’enciclica Laudato si’. Il bene di un popolo può essere superiore a quello di un altro popolo? Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse della terra da parte di una minoranza per fini propri è giustificabile?

Per affrontate queste sfide è indispensabile rigettare la logica del sovranismo e del nazionalismo come ha ricordato lo stesso Pontefice nel discorso ai partecipanti della plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Lo Stato nazionale non può essere considerato un assoluto da anteporre al bene comune, perché questo è globale e mai parziale. Oggi anche a livello di dinamiche ecclesiali, comunitarie e sociali, si rischia di cadere in una sorta di “sovranismo ideologico” imponendo a colpi di maggioranza decisioni prese da lobby di potere. Tutto ciò ci invita a riflettere sul senso profondo e sul significato cristiano di “autorità come servizio per il bene comune”.

p. Alfonso V. Amarante, CSsR

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Un commento

  • Pe. Márcio Pacheco, SDN 30 Giugno 2019a6:07 pm

    Caro Padre Alfonso, li e gostei muito do artigo que escrevestes. É uma ótima síntese. Desculpe o comentário em português. Leio bem e falo o italiano. Mas para escrever cometo alguns erros. Pe. Márcio Pacheco, SDN

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