I 70 anni dell’Accademia Alfonsiana al servizio della teologia morale

Per un’istituzione universitaria un anniversario è sempre un’opportunità per fare il punto sui passi compiuti e soprattutto per dare nuovo slancio al suo impegno di ricerca e di insegnamento. È quanto sta facendo l’Accademia Alfonsiana, Istituto superiore di teologia morale della Pontificia Università Lateranense, ricordando i suoi settant’anni di servizio al rinnovamento della teologia morale. Va perciò considerato provvidenziale che questa celebrazione coincida con quel particolare impegno, chiesto da Papa Francesco a tutte le realtà universitarie cattoliche, per «un rilancio degli studi ecclesiastici nel contesto della nuova tappa della missione della Chiesa, marcata dalla testimonianza della gioia che scaturisce dall’incontro con Gesù e dall’annuncio del suo Vangelo» (Veritatis Gaudium, n. 1).

Dopo un lungo periodo di gestione, interrotto dai due conflitti mondiali, l’Accademia Alfonsiana ha cominciato a muovere i primi passi alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso. Era espressione della volontà dei redentoristi di restare fedeli e trasmettere la proposta di vita cristiana del loro fondatore, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, sviluppandone le intuizioni e le scelte che, come scriveva Giovanni Paolo II, lo avevano reso «il rinnovatore della teologia morale» (Spiritus Domini).

Inaugurata il 9 febbraio 1949 come un centro di ricerca e di insegnamento per i redentoristi nel campo morale e pastorale, l’Accademia ha ricevuto nel 1957 il riconoscimento della Congregazione per i religiosi come «scuola interna pubblica» con un curriculum biennale concluso con il conseguimento del diploma in teologia morale. Tre anni dopo, il 2 agosto 1960, veniva inserita nell’Università Lateranense come «un vero e proprio Istituto di teologia morale — come sottolineava il rettore mons. Antonio Piolanti nel discorso inaugurale dell’anno accademico — il primo del genere in tutta la storia della Chiesa, che, ispirandosi all’insegnamento di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, intende approfondire tutti i problemi della vita morale nei suoi aspetti naturali e soprannaturali, secondo le istanze del mondo moderno e sotto la guida del magistero della Chiesa».

L’opzione per la teologia morale, operata dall’Accademia fin dal suo inizio, ha ricevuto ulteriore conferma al momento del riordino degli studi, deciso dalla Congregazione per l’educazione cattolica nel 1968 con la promulgazione di Normae quaedam, e la conseguente attuazione delle specializzazioni della licenza in teologia. Nell’ottobre 1969 la stessa Congregazione ne ha approvato il programma, articolato in licenza specializzata (2° ciclo) e dottorato (3° ciclo) in teologia morale.

I circa cinquemila studenti, che in questi settant’anni hanno potuto approfondire la teologia morale all’Alfonsiana, appartengono a tutti i continenti. Fedele alla scelta missionaria di sant’Alfonso, essa infatti si è preoccupata particolarmente di accogliere i giovani provenienti dai territori di missione, stimolandoli a una inculturazione coraggiosa della vita cristiana in risposta alle attese delle loro comunità e al tempo stesso in sincero dialogo con le altre realtà ecclesiali.

Intento fondativo è stato il rinnovamento della teologia morale per renderla più chiaramente teologica e meno giuridica nell’impianto e nel metodo, partendo da una visione unitaria della vita cristiana: una teologia morale «in senso ampio — affermava il suo fondatore, il padre generale

Leonard Buijs — in maniera da comprendere l’intera proposta di vita cristiana, perciò anche lo studio della teologia pastorale e spirituale». E questo per cercare «con tutte le forze, risposte ai problemi anche più recenti della nostra epoca», facendosi carico delle «immense necessità dei sacerdoti impegnati nella cura delle anime». Ha perciò fatta sua la strada del dialogo costante con le scienze e le diverse competenze esistenti nella società.

Senza per nulla sminuire le esigenze scientifiche proprie del discorso teologico, l’Accademia, seguendo l’esempio del suo celeste patrono, si è impegnata in modo particolare a dare alla proposta morale

un respiro più chiaramente pastorale, rendendola eco fedele del Redentore «mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Luca 4, 18-19). Per questo ha ritenuto di dover partire sempre dall’ascolto misericordioso della realtà, soprattutto dalle difficoltà e dalle speranze dei più deboli ed emarginati. Ha cercato perciò una proposta salvificamente medicinale della verità morale in modo da permettere a tutti di accogliere con gratitudine la vocazione alla santità.

La partecipazione convinta ai lavori del Vaticano II e lo sviluppo franco delle sue istanze di rinnovamento hanno caratterizzato il cammino successivo dell’Accademia Alfonsiana, affrontando con fiducia e spirito costruttivo anche le problematiche più impegnative. Ha avuto sempre chiaro che compito della teologia morale non è quello di delineare “ricette” da applicare semplicemente, ma proposte capaci di sostenere e accompagnare le coscienze nel discernimento del passo, che la grazia rende loro possibile nel  cammino verso la stessa perfezione e misericordia del Padre Celeste (cfr. Ma t t e o 5, 48; Luca 6, 36).

In questo suo impegno l’Accademia Alfonsiana si vede oggi stimolata particolarmente dalle prospettive, che Papa Francesco sta sottolineando come indispensabili per la conversione missionaria della Chiesa “in uscita”. La celebrazione del settantesimo anniversario di fondazione sarà un’occasione propizia per confermare il suo rifiuto di «una morale fredda da scrivania nel trattare i temi più delicati» e la sua collocazione «nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare» (Amoris laetitia, n. 312).

di Alfonso V. Amarante, L’Osservatore Romano, 8 febbraio 2019