Un ateismo religioso
Amarante / 5 Febbraio 2021

Da quando si è compreso che la pandemia del Covid-19 ci avrebbe accompagnato per un lungo tratto della nostra esistenza, spesso di sente dire: «Speriamo che tutto ritorni come prima, al più presto». Che significa che tutti ritorni come prima? La pandemia ci spinge alla nostalgia di un mondo che al momento è messo tra parentesi. Ma quale mondo abbiamo lasciato? La nostra è nostalgia di un vissuto oppure é solo cecità verso il nuovo? Personalmente credo che la pandemia è la più grande opportunità che potessimo vivere come comunità di credenti. L’attuale crisi sanitaria ha bloccato le lancette dell’orologio della storia chiedendoci di rivedere le nostre logiche. È innegabile che per tanti, fino a un anno fa, le scelte economiche e, forse, quelle relazionali, erano guidate da logiche dettate dalle opportunità, dove Dio e l’altro erano funzionali alle proprie necessità. Questa esperienza dolorosa ha messo in crisi il modello di vita che ci siamo costruiti perché rimanda all’essenzialità relazionale e ai bisogni primari. Può quasi sembrare che davanti a noi non ci siano possibilità nuove, ma solo limiti. Questo porta a una nuova domanda di senso che diventa quasi una preghiera laica: «O Dio facci tornare alla normalità». Ma…