Ibernazione
Faggioni / 17 Aprile 2020

  I film di fantascienza ci hanno abituati a vedere astronauti ibernati per poter affrontare, senza invecchiare, viaggi interstellari di durata smisurata. Sono conservati in condizioni di vita sospesa (biostasi) attraverso una refrigerazione spinta che sospende le funzioni vitali fino al momento del risveglio. I viaggi interstellari sono ancora lontani a venire, ma già dagli anni ’60 del secolo scorso si è cercato di mettere a punto e rendere concretamente fruibile una tecnologia di conservazione criogenica (dalla parola greca krio che significa gelo) destinata a fissare – per così dire – una persona nel momento della morte, in attesa che una medicina molto più avanzata, potesse un giorno richiamarla alla vita e curarne le malattie. L’idea della sospensione crionica fu propagandata nel 1962 da Robert Ettinger nel volume The Prospect of Immortality e nacquero in quegli anni società che si impegnavano, dietro il versamento di cifre cospicue, a preparare i cadaveri e conservarli in azoto liquido a – 196°. La conservazione criogenica è oggi una realtà per circa 400 persone i cui corpi ibernati sono custoditi dalle americane Alcor Life Extension Foundation e Cryonics, e dalla russa KrioRus. La più giovane ibernata è, per ora, la piccola Einz, una bimba tailandese di due anni,…